Maurizio Monteduro - Maria Grazia Trivi
Definiamo correntemente "AMPLIFICATORI PER GRANDEZZE CONTINUE" i dispositivi in grado di rilevare variazioni molto lente di un segnale (tensione o corrente) in ingresso e di tradurle in variazioni proporzionali ai morsetti di uscita.
Le variazioni all'ingresso vanno intese rispetto ad un livello nominale di riferimento e pertanto daranno luogo a variazioni corrispondenti in uscita.
Detto Si il segnale in ingresso ed Su
quello in uscita, supponendo che l'amplificatore lavori in zona
lineare, la sua funzione di trasferimento nel piano Si
vs Su è una retta individuata perfettamente
da un suo punto e dalla sua pendenza. Le coordinate scelte per
individuare la retta, vengono chiamate "LIVELLO NOMINALE
DI INGRESSO Sni" e "LIVELLO NOMINALE
DI USCITA Snu". La pendenza An
rappresenta l'amplificazione.
Stando così le cose, pensiamo di poter progettare
un amplificatore determinando la funzione di trasferimento (FdT)
nominale e, quindi, i livelli nominali di riferimento e l'amplificazione.
In realtà, in fase di realizzazione, intervengono le tolleranze
degli elementi, attivi o passivi, che realizzano il circuito.
In altri termini, la FdT reale, si discosterà dalla FdT
nominale, ovvero, se ponessimo all'ingresso del nostro dispositivo
reale, posto nelle condizioni nominali di temperatura, di tensione
d'alimentazione, ecc. un segnale di livello nominale Sni
otterremmo in uscita un segnale Sru diverso dal segnale
nominale Snu, così come illustrato in figura:
Definiamo "Offset in Uscita" la
grandezza:
Rimanendo nelle condizioni nominali di temperatura
e di alimentazione, variamo il segnale in ingresso sino ad un
valore Sri per il quale l'uscita raggiunge il suo valore
nominale Snu. Possiamo così definire la grandezza
"Offset in Ingresso" secondo la seguente relazione:
Resta evidente chei due offsets saranno legati dal
fatto che
Col variare della temperatura, o della tensione d'alimentazione, o a causa dell'invecchiamento del circuito, varieranno anche gli offsets.
Definiamo "DERIVE" (drifts) le variazioni degli offsets.
Gli offsets e le derive sono indistinguibili dalle variazioni del segnale in ingresso, ma, mentre è semplice, circuitalmente parlando, "recuperare" gli offsets, risulta più difficile annullare, o compensare, gli effetti delle derive. Risulta inoltre evidente che sia gli offsets che le derive, quando siano "mischiati" col segnale d'ingresso, subiranno le stesse manipolazioni seguite da quest'ultimo e quindi, generalmente, verranno anch'essi amplificati.
Sebbene tutti gli elementi circuitali, attivi e passivi, presentino delle derive termiche, ciò che ci dà maggiormente fastidio in un amplificatore sono le derive degli elementi attivi.
Infatti ricordiamo che, per un transistor bipolare,
valgono le seguenti relazioni approssimate:
ossia, la VBE, diminuisce di circa 2 mV
per ogni aumento, nella temperatura, di un grado centigrado.
ovvero cresce, con la temperatura, dell' 1% al grado centigrado e diminuisce con l'invecchiamento.
Ricordando che ICBO è la corrente
inversa collettore-base con l'emettitore aperto, ovvero, corrente
inversa di saturazione della giunzione base-collettore, osserviamo
che:
T0=25° ÷ 30° per il Germanio
quindi ICBO raddoppia approssimativamente ogni 10°C; inoltre cresce con l'invecchiamento del componente.
Come è noto, tutte tre queste sorgenti di
derive termiche concorrono a far aumentare la corrente IC
di collettore al crescere della temperatura, quindi non possiamo
sperare che si compensino da sole.
Consideriamo in primo luogo gli effetti della VBE.
Abbiamo visto che essa varia con la temperatura. Agli effetti
della maglia d'ingresso di un qualsiasi transistor, questo può
essere visto come la serie di un transistor ideale, senza variazioni
della VBE, e di un generatore di tensione di valore
Questo generatore di deriva, si trova connesso direttamente in serie al segnale da amplificare Ve, quindi, per il solo contributo della VBE la deriva d'ingresso è pari a circa -2,5 mV/°C. Le altre fonti di deriva (ICBO e hFE) Peggioreranno solamente la situazione.
Giunti a questo punto, pensiamo di introdurre nella
maglia d'ingresso un elemento che abbia le stesse variazioni della
giunzione base-emettitore del transistor, connettendolo in modo
tale che le due derive si annullino. Utilizziamo un diodo.
È evidente che, per poter funzionare, il diodo deve essere polarizzato, quindi occorre un qualcosa che possa "succhiare" le correnti, sia quella che arriva dall'emettitore del transistor, sia quella che serve a polarizzare il diodo stesso. Questo "qualcosa" è rappresentato dal generatore ideale di corrente I0 posto in parallelo al diodo medesimo.
Se si sostituisce al diodo la giunzione base-emettitore
di un transistor, si ottiene il circuito riportato nelle figure
seguenti, in cui è facile riconoscere uno stadio differenziale.
Vedremo, in seguito, come l'amplificatore differenziale
amplifichi la differenza dei segnali d'ingresso e come, riportando
sulla base dei due transistori le rispettive derive, essendo queste
identiche, possa compensarle. L'amplificatore differenziale permette
così di ottenere derive riferite all'ingresso dell'ordine
dei 10 V/°C, ed è quindi un ottimo stadio d'ingresso
per un amplificatore per grandezze continue.
Prima di affrontare lo studio dettagliato del circuito dello stadio differenziale, facciamo alcune considerazioni di carattere generale.
Siano V1 e V2 due segnali,
possiamo dire facilmente che:
Definendo, ora:
e
possiamo notare che:
Raffigurando queste formule, otterremo:
Chiamiamo Vc = SEGNALE di MODO COMUNE e Vd = SEGNALE di MODO DIFFERENZIALE.
É evidente, che potrò sempre attuare una scomposizione di questo genere, per qualsiasi combinazione dei segnali in ingresso ad un amplificatore differenziale.
Se il nostro circuito è in linearità, è possibile utilizzare il principio di sovrapposizione degli effetti e valutare la risposta complessiva del circuito, per mezzo della somma dei contributi dei due modi di eccitazione.
Definiamo AMPLIFICAZIONE DIFFERENZIALE il
termine:
e AMPLIFICAZIONE di MODO COMUNE il termine:
Allora Vu sarà la somma di Vc
per l'amplificazione Ac e di Vd per l'amplificazione
Ad:
In un amplificatore differenziale ideale, il termine
Ac è uguale a 0; ma il fatto che qui ci si occupi
di amplificatori reali, giustifica la relazione appena vista in
cui, riarrangiando, posso mettere in evidenza Ad vd,
ottenendo:
da cui
Si vede chiaramente che, minore è il termine (ovvero maggiore è ) e minore è l'errore dovuto al modo comune.
Il rapporto viene definito
Rapporto di Reiezione del Modo Comune ( Common Mode
Rejection Ratio ) e può essere considerato una "cifra
di merito" dell'amplificatore differenziale. Quindi:
Conoscendo le amplificazioni Ad e AC
in decibel, è facile esprimere il CMRR come loro somma
algebrica:
Occorre sottolineare che, in quanto è stato illustrato sinora, si presume la linearità del circuito, linearità che, generalmente, è verificata con piccoli segnali in ingresso. Molto spesso, tali segnali provengono da sensori, quindi ci si può trovare nella situazione di dover lavorare con piccoli segnali differenziali, sovrapposti a forti segnali di modo comune. Dobbiamo, allora, essere certi che il modo comune presente non porti fuori linearità l'amplificatore.
Si definisce come "Dinamica d'Ingresso per
il Modo Comune" (Common Mode Imput Range = CMRI),
il campo di tensione in cui può variare un segnale di modo
comune senza che intervengano fenomeni di non linearità,
ovvero senza che i transistori si saturino o si interdicano. In
modo del tutto simile si può definire la "Dinamica
d'Ingresso Differenziale" (Differential Mode Input
Range = DMIR).
Pensiamo ora di ricavare la caratteristica di trasferimento
di un amplificatore differenziale, realizzato con transistors
bipolari.
Supponiamo che i due transistors siano identici e
siano alla stessa temperatura, ciò significa che essi hanno
lo stesso fattore di amplificazione in corrente ß e la stessa
corrente inversa di saturazione della giunzione base-emettitore
IS, inoltre le derive termiche sono le stesse per entrambe
i componenti. Quindi scrivendo l'equazione alla maglia d'ingresso
del circuito in Figura otteniamo:
Sapendo che il transistor può essere rappresentato,
tramite il modello di Ebers-Moll, come la connessione di due diodi
di cui, uno polarizzato direttamente (giunzione B-E) e l'altro
inversamente (giunzione B-C); possiamo dire che, per la corrente
di emettitore IE, vale la seguente relazione:
in cui con: k = costante di Boltzmann = 1,381·10-23 J/°K
q = carica dell'elettrone = 1,602·10-19 C
T = temperatura assoluta in gradi Kelvin
IE = corrente di emettitore;
IS = corrente inversa di saturazione della giunzione base-emettitore;
h è un fattore
che dipende dal tipo di semiconduttore usato: vale circa 2 per
il Silicio e circa 1 per il Germanio. Tali valori sono corretti
solo per bassi livelli di corrente, ma tenendo presente che la
corrente di emettitore è di almeno 6 ordini di grandezza
superiore alla corrente inversa di saturazione, allora, per il
Silicio, dobbiamo considerare h@1.
[ ; a 25 °C (298.16 °K), VT = 25.703 mV @ 26mV ]
Dopo le considerazioni svolte e tenendo presente
che, per VBE ³
5VT, l'unità è da considerarsi trascurabile
rispetto all'esponenziale, possiamo scrivere:
dalla quale si deduce che:
Allora:
siccome IS1 = IS2, confrontando
le prime due equazioni del sistema, otteniamo:
infine ricaviamo:
Inoltre, dall'equazione al nodo A, possiamo dire:
Mettendo a sistema le due equazioni:
otteniamo:
da cui
In modo del tutto analogo ricaviamo:
Si può notare che, avendo ipotizzato i transistors identici e il generatore di corrente I0 ideale, il segnale di modo comune non influenza nè le correnti di emettitore, nè, di conseguenza, nemmeno quelle di collettore dei due componenti.
Riunendo in un solo grafico le equazioni relative
ad IE1 e ad IE2 avremo la figura seguente
che fornisce la transcaratteristica dell'amplificatore differenziale.
Dalla sua analisi, vediamo che il circuito si può pensare in linearità solo per un segnale vd in ingresso, compreso fra ± VT, ovvero fra ± 26 mV (alcuni autori, fra cui J.Millmann, ampliano la zona di linearità comprendendo ± 2 VT, cioè ± 52 mV). Inoltre si nota che i transistors vanno in saturazione se vd supera ± 100 mV (circa 4VT). Si comprende quindi, come il segnale d'ingresso, di uno stadio differenziale, non possa superare i limiti di ± 26 mV
(ovvero ± 52 mV).
Definiamo ora la transconduttanza dell'amplificatore;
analiticamente essa sarà data dall'espressione:
Ricordiamo che:
dove: ; il suo valore tipico
è circa uguale a 1 o, più precisamente: 0,95 £
a £
0,998.
ICBO è la corrente inversa di saturazione della giunzione base-collettore, e può essere trascurata in quanto il suo valore è molto piccolo rispetto alla corrente di emettitore.
Allora sostituendo e trascurando ICBO
otteniamo:
Applicando ora, la definizione:
Valutata per Vd=0 ottengo:
Analogamente per IC2:
Valutandola per Vd=0 ottengo:
Notando che gm02 = - gm01 definisco:
ovvero
Ora possiamo calcolare le equazioni delle tangenti alle curve IE1 e IE2, chiamandole TE1 e TE2, nel punto di ascissa 0. Esse saranno:
ovvero: ;
considerando, come è mostrato dalla figura precedente, che fra -VT e +VT, si possono confondere le curve con le rispettive tangenti e ricordando, inoltre, che, essendo hFE » 1, IC @ IE possiamo scrivere:
Similmente per TE2:
ovvero:
Quindi:
Può essere opportuno, a questo punto, aprire
una piccola noticina che, procedendo per altra via, ci condurrà
ai risultati appena raggiunti, infatti, se consideriamo i tratti
di transcaratteristiche compresi fra -VT e +VT,
vediamo come sia possibile confonderli con le tangenti alle curve
nel punto di ascissa nulla, come ben illustrato nella figura.
Possiamo, quindi, valutare la transconduttanza, dIE/dVT, calcolando la pendenza di tali rette. In altri termini valutiamo i coefficienti angolari delle rette passanti per i punti di ascissa -VT e +VT e di ordinate IE1 (-VT,+VT) e IE2 (-VT,+VT).
IE1 in -VT vale:
IE1 in +VT vale:
Il coefficiente angolare di questa retta vale:
Analogamente per IE2:
IE2 in -VT vale:
IE2 in +VT vale:
Il coefficiente angolare di questa retta vale:
Definendo la quantità:
posso ripercorrere quanto visto in precedenza, ricavando
IE1 ed IE2 (e, quindi, IC1 ed
IC2) ottenendo le medesime relazioni già viste.
Dall'analisi delle formule che forniscono le correnti di collettore, notiamo che l'amplificatore differenziale ad accoppiamento di emettitore è un circuito che ripartisce fra i due transistors la corrente I0, fornita dal generatore, in funzione del segnale vd applicato agli ingressi. Questo effetto di partizione della corrente, può essere considerato funzione lineare di vd solo se vd < VT.
Dopo aver esaminato le caratteristiche generali del
circuito differenziale, possiamo addentrarci nel calcolo di alcuni
parametri elettrici significativi come: l'amplificazione differenziale
Ad, l'amplificazione di modo comune Ac,
il rapporto di reiezione di modo comune CMRR, la resistenza d'ingresso
e la resistenza d'uscita. Consideriamo quindi il circuito di figura
e calcoliamone l'amplificazione differenziale Ad.
Definiamo (i morsetti cui è prelevata Vu vengono detti uscita bilanciata, non avendo riferimenti a massa).
Prendendo in considerazione le variazioni, abbiamo:
da cui ed ancora:
Posso così ricavare:
ovvero:
Se ora consideriamo che, per quanto ben fatto, il generatore di corrente I0 avrà sempre una conduttanza parallelo non nulla (ovvero una resistenza parallelo non infinita), notiamo che una tensione di modo comune, presente sugli ingressi, sarà, in ogni caso, riportata sulle uscite.
Consideriamo infatti il seguente circuito:
ogni variazione della tensione di modo comune Vc, viene riportata, a meno della VBE che, in prima approssimazione, si considera costante, ai capi della R0.
Ciò implica che ogni variazione vc
della Vc, comporta una variazione circa pari a
della corrente che scorre in Ro. Facendo l'equazione
al nodo A otteniamo:
Essendo IE1=IE2, posso dire
che:
Per le variazioni (I0 = cost.);
Essendo ic1 @ ie1 ed ic2 @ ie2 posso ricavare:
Il guadagno di modo comune (riferito alle uscite
1 e 2) risulta così pari a:
É evidente che se il circuito fosse perfettamente simmetrico (RC1 = RC2, i due transistors uguali, etc.) una variazione del modo comune vc all'ingresso, si tradurrebbe in un'uscita differenziale nulla. Non essendo così nella realtà avremo, oltre ad un segnale pari ad Acvc comune sulle uscite sbilanciate, anche un segnale differenziale vu =_/0, come causa di un segnale di modo
mune sugli ingressi.
Volendo ricavare il C.M.R.R., si ottiene:
Gli stessi risultati trovati per Ad ed Ac possono essere ricavati sostituendo ai transistors i loro circuiti equivalenti e risolvendo, così, la rete con i metodi convenzionali.
Calcoliamo, ad esempio, il guadagno differenziale
Ad del seguente circuito:
osserviamo che, per le variazioni, il punto A, a causa della simmetria del circuito, è a potenziale costante.
Inoltre, come di consueto, VCC = cost.
A questo punto, nulla vieta, per le variazioni, di considerare
il punto A come una massa e di ridisegnare il circuito come nella
figura seguente:
É semplice calcolare:
Se i transistors sono uguali ed ugualmente polarizzati, quindi con la stessa IE, ricordando che , essendo ed essendo , posso dire che le due hie sono uguali, e così pure le hfe.
Pertanto:
Ricordando che:
Calcoliamo ora la resistenza d'ingresso differenziale.
, notando che: , otteniamo:
Prendiamo nuovamente in considerazione le relazioni e .
Vediamo che, essendo rbb' (la Base
Spreading Resistance) dell'ordine del centinaio di ohm, se
la Ie è piccola rb'e è dell'ordine
delle migliaia di ohm; posso così trascurare rbb'
ed affermare che da cui, ricordando che
la Ie a riposo è pari a,
sostituendo ottengo:
mettendo a sistema le relazioni testè ricavate,
ottengo:
che coincide con la formula già trovata per altra via.
Inoltre, per la Rid, abbiamo:
d'altro canto, Rid @
2·rdb'e (essendo rb'e@
hie). Considerando il circuito differenziale nel suo insieme,
posso considerare una rdb'e dello stadio, questa, come
nel caso di un singolo transistor, è uguale a hfe/gm0,
ricordando che , mettendo a sistema le
due relazioni posso dire:
formula identica a quella appena ricavata.
Consideriamo ora il modo comune. Ridisegnamo, a tal
fine, il circuito:
Anche in questo caso ci riferiamo alle variazioni, per cui non consideriamo il contributo del generatore I0, e la Vcc viene posta a massa.
Ora, nell'ipotesi che i due transistors siano uguali ed alla stessa temperatura, avendo la stessa VBE, avranno anche la stessa corrente di emettitore IE e, quindi, anche la stessa corrente di collettore IC; se le resistenze di carico Rc sono uguali, i due collettori saranno equipotenziali, e nulla vieta di cortocircuitarli mettendo le Rc in parallelo. In pratica possiamo considerare tutto lo stadio come un solo transistor, risultato del parallelo fra T1 e T2, caricato con una resistenza pari a Rc/2. Il circuito si trasforma come segue:
ma se hfe>>1 e hie<<(1+hfe)R0
allora:
identica alla relazione già calcolata.
Aprendo un piccolo inciso, potevamo dire subito che, approssimativamente, il guadagno in tensione di un transistor connesso ad emettitore comune con resistenza di emettitore, è pari al rapporto fra resistenza di carico e resistenza di emettitore cambiato di segno.
Considerando nuovamente l'amplificazione di modo comune, osserviamo la figura seguente:
Applichiamo la legge di Kirchoff alla maglia d'ingresso:
e
quindi
ma per cui:
analoga alla relazione precedentemente trovata.
La resistenza d'ingresso per il modo comune sarà:
Da qui, possiamo notare che, essendo R0
la resistenza posta in parallelo ad un generatore di corrente
e, pertanto, già di per sè sufficientemente elevata,
la resistenza di ingresso per il modo comune dello stadio differenziale,
sarà grandissima.
La dinamica d'ingresso per il modo comune, come già ricordato, è il campo di valori nel quale può variare un segnale di modo comune senza che intervengano fenomeni di non linearità negli elementi attivi componenti l'amplificatore.
Esaminiamo, ora, nel caso di un differenziale che utilizzi transistors a giunzione, da cosa dipenda.
Osserviamo il circuito in figura:
È immediato vedere come il segnale di modo comune, applicato agli ingressi, non possa superare il valore della tensione sui collettori dei transistors, contrariamente si verificherebbe un'inversione di polarità, fra le basi ed i collettori, che porterebbe i transistors stessi alla saturazione.
Quindi, volendo calcolare il limite superiore della
dinamica d'ingresso per il modo comune, consideriamo il valore
della tensione a riposo VCO sui collettori di T1
e T2, questo valore praticamente non cambia al variare
di Vc, in quanto l'amplificazione di modo comune è
molto piccola, quindi possiamo scrivere la seguente relazione:
Consideriamo ancora il circuito della figura precedente;
la tensione VCO sarà data dalla differenza fra
la tensione di alimentazione VCC e la tensione ai capi
della resistenza RC. Vediamo, allora, che, considerando
la corrente , la disuguaglianza si trasformerà
nella seguente:
e ricordando che l'amplificazione differenziale è
definita come , possiamo scrivere:
Dal risultato ottenuto vediamo che, fissata la tensione di alimentazione Vcc, per ottenere un'alta dinamica superiore d'ingresso possiamo solamente diminuire l'amplificazione differenziale. Per superare questa difficoltà ed ottenere sia un'ampia dinamica superiore sia una elevata amplificazione differenziale, sostituiamo i resistori di carico RC con un circuito che presenti una bassa resistenza apparente (piccola caduta di tensione ai sui capi) ed una elevatissima resistenza differenziale. Questo circuito, utilizzato nei più recenti circuiti integrati monolitici, è lo "specchio di corrente".
Valutiamo, ora, il limite inferiore per la dinamica di modo comune. Vediamo, considerando ancora la figura precedente, che la tensione VE sugli emettitori di T1 e T2 è pari a VE = VC - VBE.
Il livello di tensione VE non deve scendere al di sotto del valore che assicura, ancora, un corretto funzionamento per il generatore di corrente IO. Quindi, affinchè il limite inferiore per la dinamica di modo comune sia il più alto possibile, si rende necessario che, ai capi del generatore di corrente, vi sia una caduta di tensione molto bassa. Tra i generatori di corrente, lo "specchio di corrente" è quello che fa al caso nostro, in quanto la caduta di tensione ai suoi capi è di appena poche centinaia di millivolt.
Utilizzando gli accorgimenti descritti è possibile
ottenere una dinamica d'ingresso che si estenda, a meno di qualche
centinaio di millivolt, da -Vcc a +Vcc.
Consideriamo il seguente circuito:
Se il circuito fosse realizzato con componenti ideali, per vd = 0 si otterrebbe IC1 = IC2, come ampiamente già dimostrato.
Siccome il circuito non è ideale per vd = 0 si ha IC1 ¹ IC2, ovvero, si ha un "offset" in uscita.
Quello che ci proponiamo di valutare, è l'offset d'ingresso, ovvero quel particolare valore Vo della tensione vd che rende .
Consideriamo e
, supponendo inoltre i transistors alla
stessa temperatura, possiamo valutare l'equazione alla maglia:
ma
Per valutare Vo devo, come accennato prima,
imporre: ; pertanto varranno le seguenti
relazioni:
Inoltre possiamo calcolare:
da cui, per quanto imposto precedentemente, ricaviamo:
Sostituendo questi risultati nell'espressione
ed inoltre, considerando che il valore di vd
così ottenuto, è il valore di Vo cercato,
diciamo che:
Definendo con la corrente
di polarizzazione d'ingresso (Input Bias Current), con
l'offset di corrente di ingresso (Input Offset Current)
e con l'offset di tensione in ingresso
(Input Offset Voltage) e ricordando le espressioni relative
alle correnti di base, possiamo scrivere:
Osserviamo subito come i termini Ioff e Voff risultino nulli se i due transistors sono identici; questa circostanza sarà oggetto, in seguito, di un'analisi più approfondita.
Riscrivendo l'espressione che mi fornisce Vo
come:
e sostituendovi le definizioni, otteniamo:
Analizziamo ora l'espressione ottenuta: se R1 ed R2 sono le più piccole e le più uguali possibile, il termine in Ib tende a zero, inoltre, se i transistors sono il più possibile simili, come visto in precedenza, anche gli altri due termini dell'ultima espressione andranno a zero; se ne deduce che, sotto queste condizioni ottimali, Vo tenderà a zero.
Da quanto detto risulta chiaro, però, che non potremo sperare di avere un amplificatore differenziale in cui la Voff sia nulla, ma dovremo pensare ad un circuito, che compensi gli effetti inevitabili degli offsets.
Pensiamo così di poter recuperare gli offsets sacrificando un ingresso del circuito per introdurre, per suo tramite, la tensione di compensazione. La rete deve essere costruita in modo tale da presentare una resistenza equivalente il più possibile uguale alla resistenza che il circuito "vede" dall'altro ingresso.
Realizziamo così il seguente circuito:
Chiaramente, dovrà essere R1>>Rb in modo che, variando P, non vari in maniera sensibile la resistenza "vista" dall'ingresso, inoltre, perchè possa essere recuperato, l'offset massimo in ingresso dovrà essere
Se non volessimo sacrificare un ingresso, potremmo
pensare di distribuire diversamente la corrente IO,
ad esempio ponendo un piccolo potenziometro fra i due emettitori.
Considerando il potenziometro come somma di due resistenze: P = R1+R2,notiamo che si introduce nella maglia d'ingresso una tensione che può annullare l'offset in ingresso Vo. In questo caso dovrà essere verificata la relazione:
L'introduzione del potenziometro, però, fa
diminuire l'amplificazione differenziale in quanto aumenta la
resistenza degli emettitori. Posso, pertanto, pensare di "dosare"
la IC, anziché la IO, ponendo il
potenziometro fra i due collettori. Realizziamo perciò
il seguente circuito:
In questo caso, al variare di P, variano RC1 e RC2 cosicchè, pur conc correnti IC1 ¹ IC2, possiamo ottenere ugualmente IC1·RC1 = IC2·RC2, ovvero, in ultima analisi, avremo recuperato gli offset garantendo una tensione Vu = 0.
Riunendo, ora, tutto quanto visto in un unico circuito,
potremo realizzare lo stadio d'ingresso di un buon amplificatore
per continua come rappresentato nella figura seguente:
Come vedremo, a questo schema di massima vanno aggiunti uno stadio di amplificazione intermedio ed uno stadio finale, le cui caratteristiche saranno analizzate in separata sede.
Osservando il circuito, si noterà senz'altro la presenza di uno specchio di corrente, realizzato con transistors di tipo p-n-p, posti sui collettori dello stadio differenziale. La corrente che fluisce nel collettore di T4 ripete fedelmente la corrente IC1, per cui sul morsetto d'uscita sarà presente la corrente IC1 - IC2, proporzionale, per quanto visto, alla tensione Vd.
Vediamo, inoltre, come sia stato inserito, fra gli emettitori dello specchio di corrente, un potenziometro per il recupero degli offsets. Ricordando che le resistenze, poste sugli emettitori dello "specchio di corrente", fanno sì che le correnti dei collettori non siano "speculari", ma bensì proporzionali al logaritmo del loro rapporto, si comprende come, variando il rapporto di partizione, varino di conseguenza IC1 ed IC2, ottenendo così il desiderato recupero degli offsets.
Ancora, possiamo notare la scelta dello "specchio
di corrente" come generatore di corrente continua per i transistors
T1 e T2 ed, infine, l'uso di un'alimentazione
duale per il circuito.
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Possiamo, a questo punto, introdurre le specifiche a cui deve, generalmente, soddisfare un amplificatore per grandezze continue esaminandole una per una. Esse sono:
1) Piccole derive termiche
Il maggior responsabile delle derive termiche è
il primo stadio, quindi dovrà essere un amplificatore differenziale
il più simmetrico possibile; inoltre si vorranno avere
bassi valori di Ib e Ioff ma, come visto
in precedenza:
quindi, per soddisfare questa ulteriore richiesta occorrerà polarizzare i transistors con una piccola IO.
Se il primo stadio presenta un'amplificazione elevata, superiore a diverse centinaia, le derive e gli offsets degli stadi successivi hanno poca importanza, in quanto esse vengono riportate all'ingresso divise per l'amplificazione del primo stadio. Se ciò non dovesse verificarsi, anche il secondo stadio dovrà essere differenziale per evitare che la sua deriva termica, riportata all'ingresso, sia comparabile o, peggio ancora, superiore a quella del primo stadio.
2) Elevata dinamica d'ingresso per il modo comune
La dinamica d'ingresso per il modo comune dipende dal primo stadio; per renderla massima occorre agire sia sulle resistenze di carico dei collettori, sia sul generatore di corrente IO. I carichi sui collettori devono sì presentare una bassa resistenza apparente (piccola caduta di tensione continua ai loro capi), ma un'elevatissima resistenza differenziale, è quindi opportuno sostituire alle resistenze lo specchio di corrente). Il generatore di corrente deve essere scelto in modo che richieda, per funzionare, una piccola caduta di tensione ai suoi capi, quindi la scelta cadrà ancora sullo specchio di corrente.
3) Bassa cifra di rumore
La possibilità di generare rumore è legata alla struttura stessa del transistor; in più, il rumore dipende dalla polarizzazione del componente. Senza approfondire ulteriormente l'argomento, è bene ricordare che i costruttori riportano, nei Data Sheets, la corrente di collettore a cui si ha la minima cifra di rumore. Quindi, per ottenere una bassa cifra di rumore, occorrerà polarizzare i transistors con valori di corrente di collettore vicini a quello dato. In genere questo valore è molto piccolo, dell'ordine della decina di mA, quindi anche la corrente IO dovrà essere molto piccola. Considerando che il rumore è generato principalmente dal circuito con maggior amplificazione, bisognerà curare particolarmente la polarizzazione del primo stadio.
4) Elevata impedenza differenziale d'ingresso
Per avere un'alta impedenza differenziale d'ingresso, ricordando che , occorrerà, una volta in più, imporre una piccola corrente IO.
5) Minima amplificazione di modo comune (cioè massima CMRR)
L'amplificazione di modo comune AC dipende essenzialmente dal primo stadio, occorre, quindi, che esso sia il più simmetrico possibile; inoltre, dato che ,per ottenere un basso valore dell'amplificazione di modo comune, dovrà essere usata particolare attenzione nella progettazione del generatore di corrente IO.
6) Elevata impedenza d'ingresso per il modo comune
Per avere alta impedenza d'ingresso per il modo comune, occorre realizzare al meglio il generatore di corrente continua che alimenta gli emettitori dei transistors del differenziale in quanto
7) Elevata amplificazione differenziale
In un amplificatore per grandezze continue, l'amplificazione globale è il prodotto delle amplificazioni dei singoli stadi che lo costituiscono. É però opportuno, onde evitare il più possibile l'influenza di offsets, di derive e del rumore degli stadi successivi, che il primo stadio abbia, da solo, una amplificazione molto più elevata degli altri. Dato che ciò è ottenuto rendendo grande il prodotto , per non diminuire la dinamica d'ingresso aumentando il valore delle resistenze di collettore RC, sarà opportuno sostituire il carico resistivo con uno specchio di corrente che ha il pregio di unire ad un'alta resistenza differenziale una bassa resistenza apparente.
8) Elevata velocità ovvero elevata "Slew-rate"
Per costituzione intrinseca del transistor, non possiamo prescindere dalle capacità parassite, che danno fastidio riducendo la velocità di risposta dell'elemento attivo. Ora, la velocità di variazione della tensione d'uscita è data, come per la più usuale velocità ds/dt, dalla variazione di Vu al variare del tempo. In formule: essendo SR la Slew rate. Dalla fisica sappiamo che , indicando con C la capacità del condensatore considerato. Visto che in un circuito differenziale la massima corrente che può circolare in un transistor è pari a IO (questo nell'ipotesi che l'altro transistor sia interdetto) vediamo che . Questo significa che per avere un'elevata Slew Rate occorre avere una corrente di polarizzazione il più alta possibile, contrariamente a tutte le altre esigenze finora considerate. Per fortuna ci viene in aiuto la tecnologia che ci propone da una parte i FET, con corrente di gate praticamente nulla ( è la corrente di saturazione inversa della giunzione gate-source) e svincolata dalla corrente IO ed elevatissima impedenza d'ingresso, dall'altra i cosiddetti transistors "superbeta" che hanno un b elevatissimo, dell'ordine delle migliaia. Con l'uso dei FET si riescono ad ottenere velocità d'uscita dell'ordine delle migliaia di Volt al microsecondo.
9) Bassa impedenza d'uscita
Il compito di fornire una bassa impedenza d'uscita sarà svolto essenzialmente dallo stadio finale.
10) Tensione nominale d'uscita di 0 V
Si ottiene una tensione nominale d'uscita di 0 V, con ingressi a massa, dimensionando opportunamente gli stadi successivi al primo, in modo da realizzare il necessario scalamento dei livelli di tensione. Agli stadi successivi al primo è affidato anche il compito di aumentare l'amplificazione globale.
11) Elevata dinamica d'uscita
L'elevata dinamica d'uscita, che dipende essenzialmente dallo stadio finale, è funzione della resistenza di carico. Occorre, tuttavia, controllare che gli stadi precedenti rimangano in linearità per tutta l'escursione di tensione consentita al segnale d'uscita.
12) Elevato rendimento di potenza
Anche il rendimento di potenza dell'amplificatore,
definito come il rapporto fra la potenza fornita al carico e quella
assorbita dall'alimentazione, dipende soprattutto dalla cura con
cui è stato progettato l'ultimo stadio.
Come già accennato gli amplificatori per grandezze continue sono composti da più di uno stadio. Avendo già analizzato in dettaglio lo stadio iniziale, esaminiamo ora quello intermedio.
Scopi principali dello stadio intermedio sono contribuire all'incremento del guadagno di tensione totale dell'amplificatore senza peggiorare slew rate e derive, adattare l'impedenza d'uscita dello stadio d'ingresso con l'impedenza d'ingresso dello stadio finale ed effettuare lo scalamento in tensione per poter avere uscita nulla quando gli ingressi siano cortocircuitati.
Per questo stadio si possono utilizzare sia l'amplificatore differenziale che circuiti a singolo transistor, la scelta fra i due tipi di soluzione si basa soprattutto sulla necessità di mantenere alto il rapporto di reiezione di modo comune (CMRR) e di minimizzare gli effetti che il circuito stesso pone presentandosi come carico, in continua, per lo stadio precedente.
Come abbiamo visto il CMRR è imposto dallo stadio differenziale d'ingresso. Quindi la realizzazione dello stadio intermedio con circuiterie non differenziali, cioè a singolo transistor, non potrà influenzare, e quindi migliorare, il CMRR totale. Questo tipo di considerazione, ci fa protendere verso l'uso, per questo stadio, di un amplificatore differenziale. Bisogna, però, tener presente che circuiti di questo tipo generano, se non ben bilanciati, delle tensioni di offset che vengono interpretate come segnali differenziali dagli stadi successivi. Di ciò, e degli effetti di carico introdotti, bisognerà tenere in doveroso conto, ricorrendo, per la sua realizzazione, alle tecniche di minimizzazione degli offsets che abbiamo visto nel dettaglio in precedenza.
Normalmente la scelta cade o su due stadi differenziali di moderato guadagno, oppure su uno stadio differenziale ad alto guadagno seguito da uno stadio formato da un singolo transistor.
In conclusione le soluzioni maggiormente adottate
per lo stadio intermedio sono: differenziali a transistors bipolari
o a FETs, amplificatori ad emettitore comune, ovvero suorce comune,
ed emitter follower, ovvero source follower. Ognuno dei circuiti
qui elencati provvede allo scalamento del livello di tensione,
come è rappresentato dalle illustrazioni seguenti:
Per lo stadio differenziale lo spostamento del livello è ottenuto usando transistors di tipo PNP, in questo modo la necessaria caduta di tensione è dovuta alla differenza di potenziale fra collettore e base dei transistors T3 e T4.
Una situazione analoga si presenta per lo stadio a source comune, dove lo scalamento è dovuto alla tensione di polarizzazione fra gate e drain.
Nell'emitter follower lo slittamento del livello
è ottenuto tramite un partitore di tensione. Occorre, però,
specificare che l'uso di questo artificio riduce il guadagno di
tensione; per ovviare all'inconveniente si possono utilizzare
diverse soluzioni, alcune delle quali sono riportate nella figura
seguente:
L'impedenza del diodo zener della seconda immagine è piccola in confronto ad RL, quindi, in questo modo, si riesce a limitare la perdita di guadagno; tuttavia il rumore introdotto dallo zener può peggiorare le prestazioni dell'amplificatore. In alternativa si può modificare il partitore di tensione inserendo, al posto della resistenza di carico RL, un pozzo di corrente che, notoriamente, presenta resistenza d'uscita molto alta, ottenendo, così, il circuito di fig. c. Il condensatore CE è stato inserito per compensare l'effetto della capacità di giunzione vista dal collettore di T2, che alle alte frequenze cortocircuiterà la resistenza d'uscita del generatore di corrente.
Esaminiamo, ora, in dettaglio, uno stadio intermedio
ad emitter follower. Chiaramente i risultati ottenuti varranno,
con le ovvie modifiche, per ognuno dei circuiti riportati in figura.
Ricordiamo qui di seguito solo le formule principali, dato che il circuito sarà sicuramente noto al lettore. Nel ricavare queste espressioni abbiamo trascurato i parametri hoe ed hre e li trascureremo anche nella restante parte della trattazione.
Il guadagno di tensione totale sarà:
É da notare come il partitore di tensione d'uscita riduca il guadagno di tensione che, come noto, per questo circuito è già minore di uno.
La resistenza d'ingresso è data da:
La resistenza d'uscita sarà uguale a:
Notiamo che aumentando RL si può migliorare il rapporto di partizione d'uscita, migliorando, di conseguenza, il guadagno di tensione, ma la resistenza d'uscita avrà un valore comunque basso, sempre più prossimo ad RE mano a mano che RL aumenterà.
Il guadagno di corrente è espresso dalla relazione:
Vediamo qui di seguito, uno stadio intermedio ad
emettitore comune:
Anche di questo circuito forniremo solo le formule principali, essendo, sicuramente, noto.
Il guadagno di tensione è:
La resistenza d'ingresso è fornita da:
La resistenza d'uscita sarà espressa come:
Il guadagno di corrente risulta:
Se desiderassimo migliorare il guadagno di tensione
di questo circuito potremmo utilizzare, al posto della resistenza
di carico RC, un pozzo di corrente, ottenendo lo schema
riportato infigura:
La resistenza dinamica d'uscita del pozzo di corrente è notoriamente alta e si comporta come una resistenza dicarico di valore elevato. Il guadagno, proporzionale alla resistenza di collettore, risulta così aumentato.
Tenendo però presente il valore relativamente basso della resistenza differenziale del circuito stesso, fra i collettori ed il morsetto positivo dell'alimentazione non si avrà più quella forte caduta di tensione che avrebbe avuto luogo utilizzando una resistenza di pari valore, così facendo abbiamo migliorato anche la dinamica d'uscita.
Gli svantaggi che, purtroppo, accompagnano l'uso
di tale stratagemma, sono legati a problemi di riduzione della
banda passante e della resistenza d'ingresso, che si vorrebbe
alta per non permettere fenomeni di partizione di tensione con
lo stadio precedente. Consideriamo la figura precedente; in essa
è rappresentata la capacità di giunzione fra base
e collettore che si pone in parallelo alla resistenza d'uscita
del generatore di corrente. Quindi sul collettore di T1,
al posto della resistenza RC, dovremo considerare l'impedenza
ZC che, inserendo un polo a frequenze relativamente
basse, ha l'effetto di ridurre la banda passante.
Come è già stato evidenziato, allo stadio finale è assegnato il compito di presentare:
1) Bassa impedenza d'uscita
2) Elevata dinamica per il segnale in uscita
3) Elevato rendimento di potenza.
Esaminiamo queste tre specifiche: per rendere bassa
la resistenza d'uscita possiamo utilizzare un transistor a collettore
comune però, affinchè il segnale venga riprodotto
fedelmente, ovvero con la minor distorsione possibile, occorre
che l'amplificatore funzioni in classe A.
Si dice che un amplificatore funziona in classe A quando la corrente IL è fornita al carico per l'intero periodo del segnale, supposto sinusoidale, ovvero per un angolo qC di conduzione pari a 2p. Perchè questo sia possibile bisogna polarizzare il transistor al centro della zona lineare delle caratteristiche, preoccupandoci che il punto di funzionamento non vada ad interessare, nella sua escursione, zone di non linearità (saturazione ed interdizione); ma ciò comporta la necessità di imporre correnti di emettitore abbastanza elevate. Quindi, anche in assenza di segnale, viene assorbita dall'alimentazione una potenza non trascurabile; questa circostanza limita pesantemente il rendimento di potenza del circuito.
Per aggirare il problema possiamo considerare l'ipotesi di utilizzare amplificatori in classe B. Si dice che un amplificatore funziona in classe B se, in corrispondenza di un'eccitazione sinusoidale, il carico è percorso da corrente solo per metà periodo.
Possiamo quindi realizzare lo stadio finale utilizzando
una coppia di transistor complementari, cioè NPN e PNP,
in configurazione push-pull come mostrato in figura, dove
con il generatore Vi e con la resistenza RB si
è voluto indicare l'equivalente Thevenin degli stadi precedenti.
Se la tensione d'ingresso è positiva e superiore alla tensione di soglia VS del transistor (VS = 0,6 per il silicio e VS = 0,2 per il germanio) sarà in conduzione il transistor NPN T1, mentre T2 sarà interdetto; se, al contrario, Vi è negativa ed in valore assoluto maggiore di VS condurrà il transistor PNP T2, mentre T1 sarà interdetto. Ogni transistor, quando è in conduzione, si comporta come un normale stadio a collettore comune, trasferendo tutta la corrente che lo percorre al carico.
La potenza apparente è data dal prodotto dei valori efficaci della tensione e della corrente.
Come noto, la definizione di valore efficace di una
grandezza periodica x(t) di periodo T è data da:
Questa relazione, come noto, si riduce, nel caso di x(t) sinusoidale, al rapporto fra il suo valore massimo Xm e
Pertanto, un amplificatore in classe B in configurazione
push-pull, in presenza del segnale d'ingresso, cederà al
carico la potenza PL data dalla relazione:
dove Im e Vm sono i valori di picco, rispettivamente, della corrente e della tensione.
La corrente che il collettore di ogni transistor
sotto carico assorbe dall'alimentazione, è data dal valor
medio del segnale sinusoidale d'ingresso calcolato sul semiperiodo,
pertanto sarà pari a:
Quindi i transistor assorbiranno dall'alimentazione
la potenza PA pari a:
Il fattore 2 in questa formula si deve al fatto che il sistema è composto da due transistor.
Il rendimento h
del circuito, calcolato come il rapporto fra la potenza PL
ceduta al carico e la potenza PA assorbita dall'alimentazione,
viene quindi ad essere espresso dalla relazione:
Ritenendo trascurabile la tensione fra collettore ed emettitore del transistor, possiamo considerare Vm@VCC. In questo caso il rendimento è massimo e risulta pari circa a 0,78. Il risultato raggiunto, confrontato con quello di un amplificatore in classe A pari a circa 0.25, giustifica la scelta di un sistema push-pull in classe B per lo stadio finale.
Il fatto che i transistor conducano solo quando la
tensione fra base ed emettitore VBE supera il valore
di soglia VS, comporta che vi sia una fascia di tensione,
intorno al valore di 0 Volt, in cui entrambi i transistor sono
interdetti. In questo modo la forma d'onda del segnale d'uscita
presenterà una distorsione, detta di "cross-over",
o di "attraversamento", che è riportata nella
figura seguente.
Per eliminare questo inconveniente possiamo dare
alle basi dei transistor una caduta di potenziale tale da compensare
le tensioni di soglia VS e realizzare il circuito rappresentato
in figura.
I diodi polarizzati direttamente conducono avendo ai loro capi una caduta di tensione pari a VD, circa uguale alla tensione di soglia VS dei transistor. Le tensioni VD e VBE, come mostra la figura, si sommano algebricamente con l'effetto di compensare le tensioni di soglia e permettere ai transistor di condurre per qualunque valore di tensione del segnale d'ingresso.
La soluzione circuitale adottata ci permette, quindi, di riprodurre all'uscita un segnale privo della distorsione di cross-over.
È da notare inoltre che le derive termiche delle tensioni sui diodi sono circa uguali a quelle dei transistor, quindi il sistema risulta largamente indipendente dalla temperatura.
Nel circuito visto, il transistor T3, connesso ad emettitore comune, costituisce lo stadio pilota.
Lo stadio finale deve anche essere protetto da cortocircuiti
accidentali sia verso massa sia verso le alimentazioni. A questo
scopo possiamo inserire sugli emettitori dei transistor delle
resistenze di protezione come mostrato nella figura seguente.
Le resistenze RE permettono ai transistor di dissipare, senza danni, l'elevata potenza che interviene in caso di cortocircuito.
Infatti, la potenza dissipata da ogni transistor
è data da:
Nel caso in cui l'uscita venga accidentalmente cortocircuitata
a massa, risolvendo l'equazione alla corrispondente maglia, possiamo
scrivere:
da cui, sostituendo nella relazione precedente, ricaviamo:
Questa relazione rappresenta una parabola con concavità rivolta verso il basso e, pertanto, presenta un massimo in corrispondenza del vertice.
Dalla geometria analitica possiamo immediatamente
ricavarne le coordinate pari a:
L'ordinata del vertice rappresenta la potenza massima
dissipata dal transistor, che dovrà essere inferiore alla
potenza massima dissipabile, Pmax, alla massima temperatura
prevista per il suo funzionamento. Allora possiamo scrivere:
quindi:
Le resistenze RE si trovano in serie al
segnale d'uscita, pertanto aumentano la resistenza d'uscita dello
stadio finale e, tramite la caduta su di esse, provocano una diminuzione
della dinamica. Dobbiamo valutare, però, un altro effetto
dovuto alla presenza delle resistenze d'emettitore. Supponiamo
che sia VU>0, cosa che si verifica quando il segnale
di ingresso è tale da mandare in conduzione il transistor
T1. T2, in questa circostanza, dovrebbe
essere interdetto, quindi la VBE2 deve essere minore
della sua VS. VBE2, però, è,
dall'equazione alla maglia interna, pari a:
Se questa tensione, a causa delle inevitabili tolleranze sulle varie giunzioni, fosse maggiore di VS2, il transistor T2 sarebbe già in conduzione e non al limite dell'interdizione. Ciò significa che, per il tempo necessario al segnale per attraversare l'intorno di 0 V (+ VS), entrambi i transistor sono in conduzione, quindi assorbono corrente, abbassando, in tal modo, il rendimento totale.
Inserendo le resistenze d'emettitore il bilancio
della maglia diviene:
da cui ricaviamo:
Questa relazione differisce dalla precedente per il termine di contropolarizzazione IL RE1 che porterà VBE2 ad essere sicuramente minore di VS2 garantendo, quindi, l'interdizione del transistor e migliorando il rendimento globale dell'amplificatore.
L'incremento della resistenza d'uscita e la diminuzione
della dinamica, introdotte da questa protezione, potrebbero, però,
risultare inaccettabili. Per ridurre il valore della resistenza
di emettitore, possiamo o ricorrere all'uso di un dissipatore
di calore, per permettere ai transistor di dissipare maggior potenza,
o ricorrere all'uso di appositi circuiti di protezione. Un esempio
in tal senso è costituito dal circuito illustrato in figura
.
Questo tipo di protezione viene definito "protezione
attiva". L'azione di questo circuito si può spiegare
in questo modo: il transistor T4 non entra in conduzione
fino a quando la sua VBE non supera la soglia VS,
in questo caso, dall'analisi del circuito, risulta che VBE4
= RE·IL. Quindi occorre dimensionare la resistenza
RE in modo tale che la caduta di tensione ai suoi capi
superi la soglia VS solo quando la corrente sul carico
raggiunge un valore limite fissato Imax superato il
quale T4 entra in conduzione sottraendo la corrente
IC4 dalla base di T1, inoltre ogni aumento
della corrente IL provoca un incremento della tensione
VBE4, con conseguente aumento della corrente di collettore
IC4, che limita ulteriormente la corrente di base IB1.
Infatti:
quindi, essendo possiamo
asserire che
Essendo , si nota come, all'aumento di IL, aumenti anche IC4 e, quindi, diminuisca IB1 facendo diminuire la stessa IL.
In ultima analisi il circuito formato dai due transistors, T1 e T4, è un sistema reazionato negativamente in grado di controllare e limitare la corrente d'uscita dell'amplificatore.
Il valore massimo della corrente sul carico Imax
è dato dalla seguente relazione:
Da questa relazione si nota come la dinamica d'uscita venga diminuita, a causa del circuito di protezione, al massimo di 1.2V, inoltre la resistenza d'emettitore, necessaria per limitare la corrente, ha un valore modesto che aumenta di poco la resistenza d'uscita dell'amplificatore.
Bisogna osservare che, essendo ,
bisognerà tenere in conto eventuali cortocircuiti anche
fra l'uscita ed il negativo dell'alimentazione che possono portare
la VCE ad un valore pari a .
La Imax sarà pertanto fornita dalla relazione:
Una simile soluzione circuitale, purtroppo, può
essere utilizzata solo per la massima corrente positiva d'uscita.
Se utilizzassimo il circuito riportato nella figura seguente e
se si verificasse un cortocircuito accidentale fra uscita e massa,
o peggio, col positivo dell'alimentazione, T3 dovrebbe
sopportare una corrente di collettore decisamente elevata.
Vediamo, infatti, che se l'uscita viene connessa
direttamente a massa lo è anche l'emettitore di T5
che, a meno delle cadute di tensione VBE5 e VBE2,
porta a potenziale di massa il collettore di T3. In
questa situazione tutta la tensione di alimentazione -VCC
verrebbe a trovarsi su T2 ed RE3. A questo
proposito consideriamo l'equazione alla maglia formata dai transistor
T3, T4 e T5 con l'uscita cortocircuitata
a massa, avremo:
da questa relazione otteniamo:
Ricaviamo, ora, la corrente di collettore del transistor
T3, questa sarà, come noto, circa uguale alla
corrente di emettitore dello stesso transistor quindi posso scrivere:
Se la potenza massima dissipabile dal transistor, PDmax, è maggiore della potenza , dove la IC3 è fornita dalla relazione poc'anzi vista, le protezioni introdotte nel circuito della figura precedente garantiscono il corretto funzionamento del dispositivo. In caso contrario occorre dissipare potenza tramite un dissipatore di calore.
Supponiamo, ora, di creare un cortocircuito fra l'uscita
ed il positivo dell'alimentazione, avremo la situazione illustrata
nella figura a seguire:
Considerando l'equazione alla maglia possiamo scrivere:
ricavando VRE3 otteniamo:
inoltre considerando che IE3 @IC3
vale la seguente relazione:
Ancora una volta se la potenza massima dissipabile dal transistor è superiore alla potenza che occorre dissipare, la soluzione circuitale adottata in figura ci assicura il corretto funzionamento dell'amplificatore; qualora ciò non si verifichi bisogna dissipare la potenza in eccesso tramite un dissipatore di calore.
Allo scopo di non sovraccaricare il pilota possiamo
cambiare tipo di protezione e realizzare il circuito di seguito
illustrato.
Ad una prima analisi, questo circuito offre una buona protezione attiva; infatti un aumento della corrente di emettitore di T2 comporta l'incremento della IB2 e di conseguenza della IC3. Ma ad una corrente elevata nel transistor pilota, consegue una tensione ai capi di RE3 tale da portare in conduzione T5 che, sottraendo corrente alla base di T3, lo porta verso l'interdizione senza, però, spegnerlo.
Facciamo, ora, alcune considerazioni sulle correnti nei transistor T2 e T3. Dobbiamo fare in modo che la corrente IC3 non sia superiore sia a che a IC3max. Occorre, inoltre, che anche il transistor T2, al limite superiore della dinamica, non sia attraversato da una corrente eccessiva.
Tenendo presente che, in queste condizioni, T1
è interdetto la legge di Kirchoff, applicata al nodo A,
ci permette di scrivere:
Per abbassare la corrente IB2 posso, allora,
agire solo su IC3 a patto che sia costante la IP.
Per poter ottenere una corrente costante, penso allora di sostituire
la resistenza RC con un generatore di corrente o, meglio
ancora, con uno specchio di corrente:
La corrente IB2 è legata alla corrente
d'uscita dalla relazione:
che sostituita nella equazione vista prima fornisce:
Quindi, limitando la corrente di collettore del transistor
pilota (IC3), sarei in grado di limitare la massima
corrente d'uscita, ma il termine hFE varia in funzione
della corrente di collettore IC2 @
IL, pertanto l'aver utilizzato il transistor T5
in reazione al T3 riesce, sicuramente, a limitare la
corrente in quest'ultimo, ma non può garantire la protezione
del transistor finale. Per ovviare a questo inconveniente posso
inserire un transistor sull'emettitore di T2 secondo
lo schema della figura .
Con questo circuito la corrente IE2 comanda direttamente il transistor T5 che entra in conduzione allorchè la tensione VRE diviene maggiore di 0.6 V. Ora, la corrente di collettore di T5 fluisce in RB6 e, non appena la caduta ai suoi capi raggiunge e supera la tensione di soglia (0.6V circa) del transistor T6, porta questi in conduzione, facendo sì che la sua corrente di collettore riduca la corrente di base di T3 diminuendo IC3 e, quindi, IB2. Pertanto il controllo della corrente d'uscita risulta indipendente dal termine hFE2 rendendo più affidabile l'effetto protettivo.